
Nella XVI legislatura Emma Bonino è ha ricoperto l'incarico di Vicepresidente del Senato della Repubblica, eletta nell'aprile 2008 nelle liste del Partito Democratico. Nella XV legislatura è stata Ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee nel governo Prodi II e deputato della Rosa nel pugno. Fino alle elezioni politiche del 2006, era deputato europeo e ha fatto la spola tra le sedi di lavoro dell’Unione europea e Il Cairo. Ha puntualmente proseguito l’attività connessa al suo mandato parlamentare, ma al Cairo ha potuto frequentare lezioni di lingua araba, che le consentono oggi di seguire le trasmissioni di Al-Jazeera e di leggere i principali quotidiani del Medio Oriente. Dal marzo 2003 cura per Radio Radicale la rassegna della stampa araba, iniziativa unica nel panorama dell’informazione italiana. E’ divenuta così uno dei più autorevoli esperti e commentatori dei problemi dell’area, letti nell’ottica della militante che opera perché la democrazia si installi anche in quelle regioni evitando sia l’unilateralismo (pur necessario) delle “guerre preventive” sia l’esplosione di una pericolosissima “guerra di civiltà ”.
E’ in quest’ottica e con queste urgenze che nel gennaio
2004, con l’Ong “Non c’è Pace Senza Giustizia” e in collaborazione con
il governo dello Yemen, s’impegna nella organizzazione della prima
conferenza intergovernativa regionale che sia mai stata tenuta nel
mondo arabo su democrazia, diritti umani e ruolo della Corte Penale
Internazionale. Nello Yemen, Emma Bonino giĂ era venuta nel 2003: si
stavano svolgendo elezioni legislative, e lei espresse al Presidente
Ali Abdullah Saleh la sua preoccupazione perché la partecipazione
delle donne alla campagna era assai inferiore a quella avutasi nel
1993. Ma il seme era gettato: oltre 850 personalitĂ arabe e
occidentali, 37 ministri, un centinaio di parlamentari ed esponenti
della societĂ civile di 25 Paesi arabi e africani hanno potuto
discutere, nel corso della conferenza, temi mai affrontati prima in un
consesso di questo tipo e livello. Tra i presenti, il Segretario
Generale della Lega Araba, Amr Moussa, l’Assistente del Segretario
Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Politici, Danilo Turk, il
Direttore Generale per le Relazioni Esterne della Commissione europea,
Eneko Landaburu, il Procuratore della Corte Penale Internazionale,
Luis Moreno Ocampo, il Segretario Generale dell’Organizzazione della
Conferenza Islamica, Abdelouahed Belkeziz, e rappresentanti di rilievo
di associazioni ed organizzazioni non governative. La Conferenza si è
tenuta sotto gli auspici dell’Unione europea, con i contributi della
Commissione europea e dei governi di Canada, Francia, Germania,
Irlanda (Presidente di turno dell’UE), Italia, Olanda, Regno Unito,
Svizzera e dall’UNDP (United Nations Development Programme), e si è
conclusa con la “Dichiarazione di Sana’a” sottoscritta da tutte le
delegazioni presenti.
Emma Bonino e il Partito Radicale Transnazionale
hanno progetti ancora piĂą ambiziosi. Nel novembre 2002, in
rappresentanza del governo italiano, Emma Bonino aveva partecipato a
Seul alla seconda conferenza ministeriale della “Community of
Democracies”, un’unione informale di Stati che, sulla base di un
documento adottato dal “Convening Group”, si sono dati l’obiettivo di
lavorare per la creazione di una “Organizzazione Mondiale della
Democrazia”, al fine di rafforzare le libertà civili e politiche nel
mondo. Nella crisi delle istituzioni sopranazionali (l’ONU in prima
fila) occorre una strategia che dia forza alle democrazie per
fronteggiare l’assalto dei fondamentalismi, del terrorismo, del
ritorno ai nazionalismi del secolo scorso. E’ un impegno
difficilissimo, ma che ogni giorno si dimostra piĂą necessario.
Sicuramente, su di esso si proietterĂ la maggiore attenzione dei
radicali e della stessa Bonino, anche a partire dal Parlamento
europeo. Esemplarmente, dal settembre al novembre 2002, Emma si era
recata in Ecuador alla guida di una missione di osservatori che
l’Unione europea aveva inviato per monitorare le elezioni
presidenziali, legislative e amministrative.
L’impegno di Emma Bonino è di lunga data.
Nel 1976 (il Partito Radicale presentava per la prima volta, nella sua
giĂ ventennale storia politica, proprie liste alle elezioni
legislative italiane) veniva eletta deputato, assieme a Marco
Pannella, Adele Faccio e Mauro Mellini. Aveva solo 28 anni. Era la
stagione delle battaglie per i diritti civili ed Emma aveva
collaborato con il CISA – il Centro per l’informazione, la
sterilizzazione e l’aborto fondato da Adele Faccio - nelle cui
cliniche clandestine, utilizzando il metodo Karman, si assistevano le
donne che non avevano i mezzi per pagare i “cucchiai d’oro”, o per
volare all’estero per poter abortire. Nel giugno 1975, dopo un periodo
di latitanza, Emma Bonino si autoconsegnava alla giustizia per
procurato aborto e faceva della campagna la prioritĂ del Partito
Radicale che già , l’anno precedente, aveva vinto il referendum per
introdurre il divorzio in Italia. La sua presenza nel Parlamento
italiano è stata, da allora, pressoché ininterrotta, e contrassegnata
da iniziative, non solo a livello parlamentare, che le hanno procurato
un forte credito politico ed umano. Così nel marzo 1999, nel corso di
una assemblea dei radicali “per la rivoluzione liberale e gli Stati
Uniti d’Europa” poteva accettare una sorprendente candidatura alla
Presidenza della Repubblica. Alle elezioni europee del giugno di
quell’anno era capolista della “Lista Bonino”, che otteneva l’8,5 %
dei voti e sette deputati. Del Partito Radicale era stata eletta
segretario politico nel 1993.
Mentre la sua attività “italiana” cresce
e si sviluppa in vari settori (politica energetica, politica
dell’informazione, politica della giustizia, ecc.) nel 1979 - “Anno
internazionale del fanciullo” - viene pubblicato il rapporto UNICEF
con stime agghiaccianti secondo cui, entro l’anno, sarebbero morti 40
milioni di persone - di cui il 40% bambini. Marco Pannella avvia la
campagna contro lo “sterminio per fame nel sud del mondo”, chiedendo
ai governi un intervento straordinario per le situazioni piĂą urgenti e
necessarie. Emma Bonino è da subito coinvolta nell’iniziativa: si apre
così, alla parlamentare radicale, il panorama della politica
“internazionale”. Nell’aprile 1981 insieme ai 113 Premi Nobel
firmatari dell’appello radicale contro lo sterminio per fame, fonda
l’associazione Food and Disarmement International per coordinare le
attivitĂ e le iniziative internazionali su questo fronte. Nel febbraio
1986 ne diventa segretaria e lancia il Manifesto dei Capi di Stato in
difesa del diritto alla vita” e della “vita del diritto”. Con Marco
Pannella, nel corso di un incontro ufficiale, illustra a Papa Giovanni
Paolo II le iniziative intraprese. Ma, nello stesso anno, promuove
anche una campagna internazionale per la difesa dei diritti umani
nell’Europa dell’Est, in particolare a favore dei “refuznik”, gli
ebrei sovietici ai quali viene negato il diritto di emigrazione in
Israele: nel gennaio 1987 manifesterĂ a Varsavia contro la dittatura
Jaruzelski, in favore di Solidarnosc. VerrĂ arrestata ed espulsa.
Nel maggio 1991 la Camera dei Deputati
italiana approva una mozione a prima firma Emma Bonino che impegna il
governo a impedire la proliferazione delle armi convenzionali e in
particolare delle mine antiuomo. Nel novembre 1993, Emma Bonino
consegna al Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros
Ghali le 25.000 firme raccolte in tutto il mondo in calce all’appello
a favore dell’istituzione del Tribunale ad hoc per i crimini commessi
nella ex-Jugoslavia. Nel giugno dell’anno successivo si svolge la
visita del Dalai Lama in Italia: grazie ai radicali, verrĂ ricevuto
dalle massime cariche dello Stato. E’una tappa dell’impegno di Emma
Bonino per i diritti e la libertĂ del popolo tibetano e la democrazia
in Cina. La sua attivitĂ internazionale ottiene nuove possibilitĂ di
espressione quando, nel gennaio 1995, è nominata dal governo italiano
Commissario europeo per gli aiuti umanitari, la politica dei
consumatori e la pesca. E’ la prima volta che un radicale ricopre un
incarico con funzioni politiche esecutive. A distanza di due giorni
dall’insediamento, vola nella ex Jugoslavia, denunciando l’impotenza
dell’Europa e il disinteresse dell’ONU rispetto alla cronicizzazione
della guerra nei Balcani e alla pulizia etnica in corso. Dopo la
caduta di Srebrenica si reca a Tuzla, dove si stanno ammassando
migliaia di rifugiati: solo donne e bambini. Solleva l’allarme circa
il rischio - che si trasformerĂ in drammatica realtĂ - che gli uomini
di Srebrenica vengano massacrati dalle truppe di Mladic: “Siamo di
fronte a un vero e proprio genocidio; oltre ai 4.000 che mancano
all’appello, ci sono 8.000 persone di cui non si hanno notizie. Sono
scomparse”.
Dall’Europa continua a guardare
all’Africa. I campi profughi che si stendono a perdita d’occhio nella
regione di Goma in Zaire (2 milioni di Hutu ruandesi) sono la tragica
ereditĂ di un conflitto etnico culminato nel genocidio del 1994. Emma
Bonino si reca nella regione nel marzo 1995 per sostenere il diritto
dei profughi all’assistenza umanitaria e per ribadire l’impegno
finanziario dell’Europa. L’anno successivo rappresenta l’Unione
europea nella missione umanitaria congiunta Europa/USA nella regione
dei Grandi Laghi; da parte americana partecipa Brian Atwood,
responsabile dell’Agenzia statunitense per la cooperazione, USAID.
L’analisi dei due maggiori donatori di aiuti umanitari converge: la
crisi non è più sostenibile e richiede un intervento politico urgente
dell’ONU o delle grandi potenze: purtroppo, le cancellerie non
ascoltano l’appello. In occasione dello stesso viaggio, Emma Bonino
visita la Somalia, un paese oramai allo stremo e nuovamente nelle mani
dei signori della guerra (nei pressi di Kisimaio il convoglio
umanitario della Bonino finisce sotto il fuoco dei guerriglieri di
Aidid) e il Sud Sudan, violando l’embargo aereo imposto dal regime di
Khartum, al fine di riavviare gli aiuti umanitari diretti a quelle
popolazioni, vittime di una crisi “dimenticata”. Successivamente, Emma
Bonio incontra l’Alto Commissario ONU per i rifugiati, Sadako Ogata,
in visita a Bruxelles, per trovare una soluzione almeno momentanea per
i profughi ruandesi. Nella tormentata regione dei Grandi Laghi ritorna
nel novembre 1996 e gennaio 1997, mentre in Zaire è in corso
un’offensiva pilotata da Ruanda e Uganda per abbattere il regime di
Mobutu. Fra gli obiettivi militari è anche la rimozione dei campi
profughi: sarĂ una gigantesca caccia agli Hutu, che si svolgerĂ senza
testimoni nelle foreste tropicali. Emma difende il diritto di questi
profughi all’assistenza umanitaria, ne cerca le tracce e ne ritrova
circa 200.000 nel campo improvvisato di Tingi-Tingi. E’, dice, “un
popolo che non esiste”. Nel corso di una missione umanitaria nel
febbraio 1999 in Guinea Bissau, teatro di scontri armati dal giugno
’98 fra il governo di Nino Vieira e una “giunta” ribelle guidata dal
Generale Mené, i due contendenti accettano di incontrarsi - per la
prima volta a Bissau - in presenza di Emma Bonino. E’ un passo verso
l’assenso definitivo ad un piano di pace bloccato da mesi.
Successivamente, raggiunge in elicottero Freetown, la capitale della
Sierra Leone assediata dai ribelli, dove incontra il Presidente
Kabbah. Visita l’ospedale Connaught dove affluiscono a centinaia i
civili di ogni etĂ mutilati a colpi di machete dai ribelli del
Revolutionary United Front. “La Sierra Leone costituisce oggi - dirĂ
al ritorno in Europa - un monumento vivente alla stupiditĂ della
violenza dell’uomo. E’ la frontiera delle nuove barbarie, contro la
quale non c’è altro antidoto che quello della ragione e della
solidarietà umanitaria”.
Vari i quadranti, varie le occasioni di
intervento ma sempre prioritario, per Emma Bonino, è l’impegno per la
promozione dei diritti civili e delle libertĂ , senza le quali - come
spesso ripete in assonanza con Amartya Sen - non c’è possibilità né
speranza neanche di sviluppo economico: durante una missione
umanitaria a Cuba, nel maggio 1995, aveva incontrato Fidel Castro e,
in presenza del corpo diplomatico europeo, gli aveva sottoposto il
grave problema del rispetto dei diritti umani, soprattutto quelli
degli oppositori del regime. Alla partenza della missione, Castro
libererĂ sei detenuti politici che erano stati oggetto di una campagna
internazionale promossa dalla stessa Emma Bonino quando era Segretaria
del Partito Radicale Transnazionale. In occasione dell’anniversario
dell’occupazione cinese del Tibet, nel marzo 1996, partecipa alla
prima marcia europea per la libertĂ del Tibet organizzata dal Partito
Radicale Transnazionale. Ad agosto, in occasione di una missione
ufficiale in Birmania, visita semiclandestinamente la leader storica
dell’opposizione birmana, Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace
1991. Si reca anche in Thailandia per fare il punto sulla situazione
dei rifugiati Karen a rischio di espulsione e in Cambogia per il
problema delle mine antiuomo di cui il paese è infestato. Nello stesso
mese incontra Sonia Gandhi a Nuova Delhi e discute della situazione
dei diritti civili in Asia.
Prende così piede un progetto ambizioso,
quello di poter sostenere la crescita della democrazia nel mondo
attraverso strumenti anche giuridici atti a sanzionare l’uso della
violenza e delle pratiche antidemocratiche più gravi. Nel 1998 Non c’è
Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale organizzano varie
conferenze cui Emma Bonino partecipa attivamente (Parigi, Malta,
Montevideo, Atlanta, Roma, New York, Dakar), per stimolare l’interesse
dei Paesi delle Nazioni Unite verso l’istituzione di un tribunale
penale con giurisdizione internazionale sui crimini di guerra. Nel
giugno, finalmente, viene convocata una conferenza diplomatica ad hoc,
che si terrĂ a Roma. In rappresentanza della Commissione europea, Emma
Bonino svolgerĂ un ruolo di impulso politico e di mediazione:
nonostante resistenze e difficoltà fino all’ultima ora, il 17 luglio
1998, 120 Paesi approvano lo Statuto del Tribunale Internazionale sui
Crimini di Guerra. Il giorno dopo, assieme a Kofi Annan, Segretario
Generale dell’ONU, può festeggiare in Campidoglio il successo della
conferenza. Sempre in tema di sviluppo della democrazia, nel luglio
2003 organizzerĂ a Roma, Palazzo Giustiniani, una tavola rotonda sul
ruolo della comunitĂ internazionale nella promozione della democrazia
e dello stato di diritto, cui prenderanno parte, tra gli altri, l’ex
primo ministro del Sudan, Sadek el Mahdi, l’ex primo ministro del
Bangladesh, Sheikh Hasina, l’ex ministro della sanità francese,
Bernard Kouchner, Saad Eddin Ibrahim - intellettuale democratico
egiziano - e il presidente della commissione diritti umani dello Shura
Council (la Camera alta del parlamento yemenita) Mohamed Al-Tayeb.
Nell’ottobre 1998, riceve dalle mani del
principe Felipe di Borbone il prestigioso premio “Principe delle
Asturie”, e lo dedica alla leader dell’opposizione birmana, Aung San
Suu Kyi. Aveva chiesto ed ottenuto di condividere il premio con un
gruppo di donne attive nel campo dei diritti umani: così si ritroverĂ
sul palco della premiazione con Fatiha Boudiaf, vedova del presidente
algerino assassinato nel 1992, Olayinka Koso-Thomas, nigeriana che
lotta da più di 15 anni per l’abolizione della mutilazione femminile,
Graca Machel, Presidente della Commissione ONU per la difesa dei
bambini vittime della guerra, Rigoberta MenchĂą, Premio Nobel per la
Pace 1992, Fatana Ishaq Gailani, fondatrice del Consiglio delle Donne
Afgane, e Somali Mam, Presidente dell’Associazione cambogiana che
combatte la prostituzione infantile. Con molte di loro i contatti si
sono rafforzati negli anni successivi su obiettivi legati alle
campagne contro le mutilazioni genitali femminili, i diritti delle
donne afgane e la lotta contro la prostituzione infantile.
Come Commissaria europea, Emma Bonino ha
intanto dovuto fronteggiare complesse situazioni. Nel febbraio 1995,
tra Canada ed UE esplode un contenzioso sui regolamenti per la pesca
dell’ippoglosso. Un peschereccio spagnolo in acque internazionali
viene minacciato a colpi di cannone dalla marina canadese. La
Commissaria alla pesca definisce il fatto “un atto di pirateria
internazionale”. Nonostante lo scontro diplomatico sia violento, Emma
Bonino riesce a raggiungere nell’aprile, alla fine di un duro
negoziato, un accordo con i canadesi. Poche settimane dopo, il Marocco
interrompe gli accordi di pesca con l’UE. Dopo trattative, condotte
nelle fasi piĂą delicate direttamente con re Hassan II, a novembre
giunge alla firma di un nuovo accordo. Nel febbraio 1997, Emma Bonino
è nominata “Personalità Europea 1996”, un anno dopo Helmut Kohl, da
una giuria presieduta da Jacques Delors, in riconoscimento del suo
coraggio umanitario e della sua fede nel futuro dell’integrazione
europea. Nel marzo, l’epidemia della “mucca pazza” mette in seria
difficoltĂ la Commissione di Bruxelles. Il Presidente Jacques Santer
decide di affidare ad Emma Bonino la gestione della crisi e le assegna
la competenza in materia di sicurezza alimentare. Emma Bonino negozia
con il Regno Unito misure severe per il controllo della malattia,
evita la censura del Parlamento europeo e ristabilisce gradualmente la
fiducia dei consumatori nel consumo della carne.
Entra nella sfera dei suoi interessi il
Medio Oriente, su cui si addensano nubi minacciose, anche per
l’inadempienza dell’Iraq rispetto ai moniti e alle sanzioni
internazionali e della stessa ONU. Durante una missione umanitaria in
Iraq nell’agosto 1997, visita il Kurdistan iracheno (non viene
autorizzata a recarsi nel sud del paese). Incontra rappresentanti del
governo di Baghdad, tra cui il Vice Premier Tarek-Aziz, cui ricorda
che i danni inferti alla popolazione da 30 anni di dittatura eccedono
largamente quelli provocati da 6 anni di embargo”occidentale”. Nel
settembre, organizza una missione in Afghanistan per verificare lo
stato d’avanzamento dei progetti dell’ufficio umanitario della
Commissione e a Kabul rimane ostaggio dei talebani per quattro ore. Al
ritorno in Europa, denuncia il regime di terrore che regna in quel
tormentato paese, sottolineando in particolare la condizione delle
donne e la politica di repressione religiosa. Promuove la campagna
internazionale “Un fiore per le donne di Kabul”, che culminerà l’8
marzo dell’anno successivo. Quando il regime dei talebani cadrà ,
mentre a Bonn è in corso la conferenza internazionale per assegnare
all’Afghanistan liberato un governo provvisorio, lancia, con il
Partito Radicale Transnazionale, una campagna a favore della presenza
di donne nel nuovo governo. Oltre seimila parlamentari, ministri,
personalitĂ e cittadini da piĂą di cento paesi prenderanno parte alla
giornata di digiuno prevista per il 1 dicembre 2001. E’ il primo
satyagraha globale della storia radicale. Due le donne elette a far
parte dell’esecutivo ad interim e una sua rappresentante, Soraya
Rahim, ministro per le questioni femminili, interverrĂ al XVIII
Congresso del Partito Radicale Transnazionale (Ginevra, 4- 7 aprile
2002).
Nel dicembre 1997, Emma Bonino
rappresenta la Commissione europea alla Conferenza di Ottawa per la
firma del Trattato per la messa al bando delle mine antiuomo, l’ “arma
dei vigliacchi”. Nel corso delle sue missioni umanitarie, in Iraq come
in Afghanistan, in Cambogia come in Bosnia, aveva incontrato centinaia
di vittime da mine. GiĂ nel 1994, come relatore alla Commissione
Affari Esteri della Camera dei deputati, aveva ottenuto la decisione
unilaterale del Parlamento italiano per un bando totale delle mine
antiuomo.
Nel marzo 1999, per porre fine alla
repressione etnica delle truppe di Belgrado in Kosovo, la NATO inizia
una serie di bombardamenti dissuasivi. I profughi di etnia albanese si
contano in centinaia di migliaia. Emma Bonino e Javier Solana,
Segretario Generale della NATO, si incontrano al quartier generale
della NATO in vista della missione umanitaria della Bonino nella
regione, per avviare un coordinamento funzionale tra i responsabili
delle operazioni militari e gli attori dello sforzo umanitario. Emma
Bonino visita i posti di frontiera in Albania e Macedonia dove si
riversa il popolo kosovaro: “Una deportazione di massa di esseri umani
che si affacciano senza piĂą identitĂ in un futuro che appare come un
abisso buio”, dirà al suo ritorno. Si prodiga per intensificare lo
sforzo umanitario dell’Unione europea e promuovere il coordinamento
tra gli interventi internazionali.
Il 27 dicembre, come abbiamo ricordato,
si "trasferisce" al Cairo. Al Parlamento europeo è membro della
Commissione Esteri e della sottocommissione per i Paesi del Mashrek e
gli Stati del Golfo. Con una delegazione parlamentare si reca nel
maggio 2002 in Arabia Saudita e nello Yemen, ribadendo la necessitĂ
politica, anche dell’Europa, di investire il possibile affinché la
giovane democrazia parlamentare yemenita possa progredire rafforzando
le strutture dello stato di diritto di cui ha scelto di dotarsi. Nel
giugno, torna a Kabul per l’inaugurazione della Loya Jirga - la prima
assemblea legislativa afgana - per partecipare, invitata dalle
femministe del paese, ad una conferenza internazionale dal titolo
“Donne in marcia per l’Afghanistan”, e ratificare una “carta afghana
dei diritti femminili” da proporre alla riunione dei capi tribù. Sin
dall'inizio, segue la vicenda giudiziaria dell’intellettuale
democratico egiziano Saad Eddin Ibrahim che, arrestato il 26 giugno
2000 e imputato di quattro capi d’accusa, tra cui frode e corruzione,
viene condannato a sette anni di reclusione per aver, tra l'altro,
“pregiudicato l’immagine dello Stato” . La sentenza di condanna è
stata annullata nel febbraio 2003 anche grazie alla campagna
internazionale cui Emma Bonino ha partecipato ottenendo il sostegno
del Parlamento europeo.
Una particolare attenzione Emma Bonino è
venuta infine svolgendo, negli ultimi anni, ai nuovi aspetti della
“questione femminile”. Aveva iniziato il suo impegno civile con i temi
del divorzio e dell’aborto, e dunque questo ritorno è naturale, sia
pure in un contesto diverso, quello internazionale. Secondo stime
dell’OMS, 130 milioni di donne e bambine nel mondo sono state vittime
della crudele pratica della mutilazione genitale femminile, e ogni
anno due milioni rischiano di subirla. Nel giugno 2000 i deputati
radicali europei avevano presentato una proposta di risoluzione di
denuncia, e nel novembre di quell’anno avevano organizzato una
“Giornata di conoscenza”. Grazie ad un fortunato e utilissimo incontro
di sinergia politica con AIDOS, l’Associazione Donne Italiane per lo
Sviluppo presieduta da Daniela Colombo, da anni attiva in questo
settore, il 10 dicembre 2001 viene avviata, con una conferenza
internazionale al Parlamento europeo, una campagna - “StopFgm” – a
sostegno della lotta delle donne africane che si battono da oltre 20
anni con tanta determinazione quanta carenza di possibilitĂ sinergiche
e visibilitĂ internazionale. Dal 21 al 23 giugno 2003 StopFgm
organizza al Cairo una conferenza internazionale sulle linee-guida di
una legislazione che ponga le basi per la totale eradicazione di
questa vergognosa pratica. Partecipano i rappresentanti dei governi
dei 28 paesi interessati, le due massime autoritĂ religiose egiziane,
l’Imam Tantawi e il rappresentante della Chiesa Copta. E’ presente
anche la signora Suzanne Mubarak.
Le urgenze della politica internazionale
e i nuovi assetti dell’area mediorientale post-Saddam, ancora in via
di definizione, la inducono a tornare in Iraq a sette anni dalla
precedente visita. Accompagnata dagli eurodeputati radicali Gianfranco
Dell’Alba e Marco Cappato, la visita si svolge dal 21 al 24 marzo
2004, in coincidenza con il primo anniversario della guerra. La prima
tappa è Nassiriya, dov’è di stanza il contingente militare italiano.
Incontra il Governatore della provincia Dhi Qar, Sabri al Rumadyah, e
un’ampia rappresentanza di donne locali. Nei due giorni successivi, la
delegazione radicale si sposta a Baghdad per una riunione con
l'ambasciatore Paul Bremer, proconsole americano in Iraq che ha
illustrato i passaggi piĂą delicati del processo di transizione dei
poteri a un governo provvisorio iracheno, e per incontri con gli
interlocutori istituzionali iracheni (membri dell’Interim Governing
Council e ministri del governo provvisorio), di ogni etnìa (sciita,
sunnita, curda, turcomanna…), tra cui Adnan Pachachi, possibile futuro
Capo dello Stato e Raja Khuzai, che si è prodigata in sede di stesura
del nuovo testo costituzionale affinché fossero respinte le proposte
ispirate dal fondamentalismo etnico-religioso. La delegazione incontra
anche rappresentanti della societĂ civile, tra cui la presidente di
una delle associazioni piĂą impegnate per i diritti delle donne, Widad
Kareem. Il messaggio emerso da tutti questi incontri è univoco: “non
ci piace essere occupati ma neppure che andiate via”. L’esigenza che
emerge è quella di non abbandonare gli iracheni al loro destino dopo
25 anni di dittatura, di ricomporre un quadro basato su di
un’alternativa multilaterale, assicurare quel minimo di sicurezza
essenziale per far ripartire l’economia, garantire un passaggio dei
poteri rapido ma anche sostenibile, arginare il terrorismo in nome
dell’”indivisibilità ” della sicurezza nel mondo. Sulla via del
ritorno, la delegazione radicale si ferma a Kuwait City dove incontra
le associazioni delle donne - in un paese dove le donne non possono
neppure votare - per esporre e concordare le azioni a sostegno e
promozione della democrazia liberale, a partire dai principi giĂ
sottoscritti da decine di Governi arabi con la “Dichiarazione di
Sana’a”. |