"L'EUROPA CHE VOGLIAMO".
Necessaria una risposta concreta al
malessere sociale ed ai bisogni quotidiani della gente
SOMMARIO: In quest'articolo Emma Bonino spiega come per
rafforzare il processo di unificazione europea sia necessario
rilanciare gli ideali federalisti e riformare profondamente le
istituzioni dell'Unione, ridefinendone poteri e competenze. Per Emma
Bonino, il rilancio politico dell'Europa e di un "progetto europeo"
sui temi della politica estera, di difesa e sicurezza è la condizione
necessaria anche per l'allargamento dell'UE a nuovi paesi membri.
(TOMORROW PEOPLE, pagina 3; di Emma Bonino.
L'auspicata fine del bipolarismo americano-sovietico ha fatto
venir meno, sul piano politico, un elemento forte di coesione nel
continente europeo, favorendo la manifestazione di forze centrifughe
ed il risorgere di fenomeni di nazionalismo e di intolleranza.
Sul terreno economico, il persistere di un'elevata disoccupazione,
congiunta all'accentuarsi del divario economico e sociale tra regioni
ricche e regioni povere, ha accresciuto il disagio di alcune fasce
della popolazione, alimentando il distacco di molti nei confronti
delle istituzioni.
La scarsa incisività mostrata dall'Unione Europea sul piano
internazionale (si pensi alla crisi jugoslava) e l'incapacità di
apportare rimedi al diffuso malessere sociale, hanno favorito
l'emergere nell'opinione pubblica di una diffusa ostilità verso
l'Europa dei tecnocrati e dei mercanti, un'Europa che sembra avanzare
senza un sufficiente controllo democratico, scarsamente attenta ai
problemi quotidiani della gente comune e comunque priva di un progetto
politico che ne giustifichi e ne legittimi l'esistenza.
E non è tutto: il previsto allargamento ai Paesi dell'Europa
centro-orientale e mediterranea pone infatti notevoli problemi per il
funzionamento futuro delle istituzioni dell'Unione, anche in relazione
ai notevoli costi che dovrebbero essere sopportati dal bilancio
comunitario.
Sottovalutare le sfide del futuro ampliamento, così come il diffuso
malessere e le richieste dell'opinione pubblica, significa allontanare
l'Europa dalla gente ed andare incontro ad una sicura disgregazione
dell'Unione.
Purtroppo, i segnali che provengono da vari governi e leader politici
non appaiono molto incoraggianti. Assistiamo infatti in questi ultimi
tempi ad un dibattito che è estremamente sofisticato e meticoloso sul
piano dell'ingegneria istituzionale e dei criteri di convergenza
economica, ma altrettanto povero di contenuto, addirittura asfittico
sul piano politico.
E' chiaro che non potrebbe esservi strategia peggiore di questa, che
porta le istituzioni a rinchiudersi su sé stesse ed impedisce
qualunque ragionevole dialogo con i cittadini. Se si vogliono
risollevare le sorti dell'Unione Europea e trovare al contempo il
necessario sostegno da parte dell'opinione pubblica, occorre invertire
la tendenza ed uscire dall'attuale situazione di stallo e di ricerca
del compromesso ad ogni costo, per rilanciare con forza il dibattito,
indicando con chiarezza quale Europa vogliamo e per quali obiettivi.
Per chi è impegnato nella battaglia federalista, la risposta a tale
quesito non presenta difficoltà insormontabili. L'Europa che vogliamo
è un'Europa profondamente diversa da quella che abbiamo oggi sotto gli
occhi: un'Unione di stampo federale che sia allo stesso tempo più
forte, più democratica, più solidale ed in cui il cittadino e non il
mercato sia posto al centro del processo di integrazione.
Concretamente, e senza aver la pretesa di voler ridisegnare in poche
righe il volto dell'Unione, occorre rivedere in profondità i
meccanismi decisionali, eliminando il diritto di veto in seno al
Consiglio e dando più poteri al Parlamento europeo. chiaro infatti che
istituzioni concepite per un'organizzazione economica comprendente
solo sei Paesi e che già hanno visto più che raddoppiato il numero dei
partner, non possono continuare afunzionare per un'Unione politica a
venti o venticinque Stati.
indispensabile che l'Europa si doti di una vera politica estera e di
sicurezza comune, in modo che, diversamente da quanto accade oggi,
essa sia in condizioni di far sentire il proprio peso sulla scena
internazionale. Sul piano economico, d'altra parte, mancano gli
strumenti atti ad assicurare il coordinamento delle politiche
economiche nazionali, in modo da meglio bilanciare una unione
economica e monetaria, incentrata esclusivamente sulla creazione della
moneta unica.
Non si tratta necessariamente di rivedere i sempre invocati criteri di
convergenza, ma di inscrivere l'Unione monetaria nel quadro di una
vera unione economica, in cui le istituzioni comuni siano capaci di
agire sull'economia, al fine di realizzare quell'elevato livello di
occupazione e di protezione sociale che già rappresentano un obiettivo
dell'Unione.
E' infine necessario dare a ciascuno il senso tangibile
dell'appartenenza all'Unione, rafforzando la nozione ed i contenuti
della cittadinanza europea, per esempio tramite l'adozione di una
Carta costituzionale europea, concisa e facilmente leggibile, che,
oltre a definire il ruolo delle istituzioni comuni enunci i diritti
fondamentali dei cittadini dell'Unione, ribadendo il rifiuto del
razzismo e della xenofobia, nonché il rispetto delle minoranze, siano
esse etniche, religiose o altre.
Tali sono i tratti salienti di un'Unione Europea che ci ostiniamo a
ritenere non solo possibile ed auspicabile, ma anche necessaria.
difficile oggi dire se l'Europa riuscirà a darsi nei prossimi anni
istituzioni realmente forti ed efficienti, riacquistando così la
fiducia dei cittadini. Ciò che si può affermare con sicurezza è che
l'Unione Europea di fine secolo non sarà più l'Unione che tutti noi
conosciamo oggi.
La difficoltà e la complessità dei problemi da affrontare e la sfida
dell'allargamento ai Paesi dell'Est e del Sud ci pongono davanti ad un
bivio: fare un salto qualitativo, accelerando l'integrazione politica
- magari con un primo nucleo di Stati - oppure accettare la
diluizione, l'inevitabile declino e la perdita di peso politico ed
economico del Vecchio Continente sulla scena internazionale. |