
Milano Finanza - 21 settembre 2013
Il Ministro Bonino: vogliamo creare un contesto favorevole agli investimenti esteri. Intanto l'Ue va rafforzata come federazione, non può essere fonte di vincoli burocratici. L'austerity? Ha fatto solo danni
di Mariangela Pira
Destinazione Italia, il piano in 50 mosse messo a punto dal governo per incentivare gli investitori internazionali a investire nel nostro Paese, per il ministro degli Esteri Emma Bonino deve portare a una riduzione della disoccupazione. «Un esempio della disponibilità ad attrarre investitori esteri sarà l'apertura di un canale privilegiato nella concessione di visti a chi vuole avviare un'impresa innovativa in Italia». Intanto l'Europa deve rafforzare la struttura federale, smettendola di essere fonte di obblighi burocratici per i suoi cittadini.Â
Destinazione Italia ha già attirato parecchie critiche: quali sono gli obiettivi e le possibilità  di successo?
Il primo obiettivo è attrarre investimenti esteri in Italia che si traducano in crescita e riduzione della disoccupazione. Non vogliamo solo attrarre capitali finanziari ma anche risorse umane qualificate. È un progetto ambizioso che non si può più rinviare se vogliamo definirci un Paese normale che rende la vita più facile agli investitori stranieri e italiani. E' indispensabile creare un ambiente più accogliente per le imprese con la certezza e prevedibilità del diritto, del fisco, delle autorizzazioni e della giustizia. Un esempio del cambiamento sarà l'apertura di un canale privilegiato nella concessione di visti a chi vuole avviare un'impresa innovativa in Italia. A ciò si affiancheranno progetti che coinvolgano gli italiani nel mondo più dinamici che rappresentano un patrimonio intellettuale cui possiamo attingere e, infine una sinergia sempre più stretta tra economia e diplomazia culturale.
In che modo la nostra diplomazia opera a sostegno delle imprese?
La Farnesina gestisce una rete di 400 uffici all'estero. Può quindi dare un grande contributo nel favorire la presenza e la proiezione all'estero delle eccellenze italiane. Stiamo modernizzando la rete diplomatico-consolare, potenziandola con personale specialistico, per raggiungere i mercati più appetibili e più complementari con l'economia italiana.
Più concretamente?
Il ministero degli Esteri fornisce con i suoi uffici oltreconfine indicazioni sulla situazione politica ed economica, sulle problematiche sociali, su tutto ciò che può favorire un investimento produttivo. La Farnesina poi mette a disposizione degli operatori vari strumenti e attività  indirizzate a sostegno, presso i governi stranieri e le organizzazioni internazionali, degli interessi delle imprese italiane nella penetrazione dei mercati, nell'acquisizione di contratti e commesse, nella realizzazione di investimenti e nella gestione di problemi. C'è poi l'attività di comunicazione sulle opportunità  e criticità nei mercati esteri: un'enorme massa di informazioni che viene messa a disposizione alle nostre imprese.
Recentemente, malgrado i tagli della spending review, avete aperto alcune sedi in zone cruciali per la presenza delle nostre imprese, come Chongqing in Cina. Quali le aree geografi, cne su cui puntate?
Certamente i mercati a più alta crescita, in Asia, Sud America, Africa Sub-sahariana e Golfo Persico, senza però mai perdere di vista la necessità di coltivare i legami con l'Ue e gli Stati Uniti. Restiamo anche molto attenti a quanto avviene in Medio Oriente, oggi in preda a sussulti politici ma in cui abbiamo forti interessi economici.
Che cosa dice alle sue controparti per convincerle che l'Italia è un paese in cui bisogna investire?
Alle mie controparti non mi stanco di dire che l'Italia vanta eccellenze in tutti i settori produttivi, spesso non abbastanza valorizzate. Il terreno da recuperare è tanto e proprio per questo abbiamo lanciato Destinazione Italia che tra poche settimane si tradurrà in precise previsioni normative e, si spera, in un salto di qualità in termini di trasparenza e semplificazione delle autorizzazioni. Appena messo piede alla Farnesina mi sono data come priorità una decisa azione di diplomazia economica per internazionalizzare non solo le imprese ma l'Italia tutta con le sue università , la rete culturale, le realtà sociali.
Che pensa del dibattito sull'austerity in Europa?
Alcuni segnali indicano che la situazione nel settore finanziario è migliorata rispetto alla fase più acuta della crisi del debito sovrano; ma le politiche di austerity attuate simultaneamente in tutti i Paesi dell'Eurozona non hanno avuto effetti positivi per l'economia reale. Le più dirette conseguenze sono state infatti l'indebolimento della domanda interna e alti livelli di disoccupazione, specie tra i giovani, in quasi tutti gli Stati membri. Ne deriva l'urgenza di affrontare in modo più convinto il tema del rilancio della crescita in Europa, con attenzione particolare all'occupazione giovanile. Più in generale, tuttavia, occorre ridefinire il modello economico europeo, per evitare che sia percepito solo come austerità  e vincoli. Il rigore non può essere considerato come di un obiettivo assoluto e imprescindibile, ma come uno degli elementi necessari alla crescita sostenibile dell'economia e il benessere dei cittadini europei. A mio avviso, l'unica risposta concreta alle difficoltà dell'Europa è la prospettiva federale, la sola che può riavvicinare i cittadini europei all'Europa, allontanando il rischio di una sovrarappresentazione dei partiti populisti e ridando al contempo nuovo impulso alla discussione sul futuro dell'Unione. In proposito le prossime elezioni europee sono un'opportunità  storica da non mancare.
E qual è il ruolo che l'Italia può giocare in Europa?
L'Italia è uno dei grandi Paesi fondatori dell'Ue, seconda economia industriale dell'Unione, la terza in termini di pii. Siamo stati protagonisti di tutte le principali tappe dell'integrazione europea che ha portato alla creazione di un'area che conta oggi più di 500 milioni di abitanti. L'Italia crede molto nell'integrazione europea quale unica opzione in grado di assicurare sviluppo e pace. Non ci nascondiamo ovviamente le sfide che ci attendono sul cammino di una Ue migliore, più vicina ai bisogni e alle preoccupazioni dei cittadini, più integrata per affrontare le grandi sfide del nostro tempo (crescita sostenibile, sviluppo, ambiente, migrazioni, ricerca e innovazione) e meno intrusiva in questioni di dettaglio che possono essere meglio affrontate a livello locale.
A breve una tappa importante sarà il rinnovo del Parlamento europeo.
Dovrà essere l'occasione per un grande dibattito sulle scelte relative al futuro dell'Europa. Intendiamo inoltre impegnarci nel semestre italiano di presidenza del Consiglio dell'Ue nel secondo semestre 2014 per riflettere anche sugli assetti istituzionali dell'Unione in modo che l'Europa torni a essere percepita come fonte di opportunità e crescita e non solo di vincoli. Alcune delle iniziative già assunte dal governo italiano in ambito europeo negli scorsi mesi, penso al lancio del programma europeo in favore dell'occupazione dei giovani, sono indirizzate proprio in tal senso.
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