
La Stampa - 28 settembre 2013
di Mastrolilli e Semprini
Dopo la stretta di mano tra il premier Letta e il nuovo presidente iraniano Rohani, si lavora anche all'ipotesi di una sua visita a Roma. L'invito non è stato ancora formalizzato, ma i due leader hanno convenuto di chiedere ai rispettivi ministri degli Esteri di esplorare la possibilità . Il nuovo corso nelle relazioni bilaterali, che in prospettiva dovrebbe portare anche alla riapertura dei canali commerciali, si è visto già ieri nelle dichiarazioni con cui Rohani ha sostenuto la richiesta dell'Italia di essere inclusa nel negoziato nucleare, gestito finora dal gruppo dei P5+1, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. L'incontro tra Letta e Rohani è stato cordiale e incoraggiante. Il premier parlava in inglese, che l'iraniano capiva alla perfezione, anche se poi rispondeva in farsi. Quando si è trattato di ipotizzare una visita a Roma del nuovo presidente, l'accordo è stato quello di passare la pratica ai capi delle diplomazie Bonino e Zarif. «Io - ha risposto Letta - ho il miglior ministro degli Esteri possibile, e quindi non dubito che il dialogo procederà ». L'Italia, secondo la Bonino, «non ha posto a Rohani la questione dell'ingresso nel P5+1, anche perché probabilmente non era il luogo giusto per porla. Se dobbiamo ripensarci, come vorremmo, sono forse gli altri interlocutori a cui dovremmo avanzare questa richiesta», cioè i sei paesi che fanno parte del gruppo. «In qualche modo l'abbiamo testata. Vediamo ora come si riesce ad aprire questo consesso, da cui la storia ha voluto che ce ne tenessimo fuori. Qualche contatto già c'è. Prima di fare tentativi, però, voglio capire gli spiragli possibili». Di sicuro ha già l'appoggio di Rohani, che durante la sua conferenza stampa di ieri ha detto: «Tutti i paesi che hanno una certa influenza sul dossier nucleare dovrebbero partecipare al negoziato, l'Italia in primo luogo. Darebbe un contributo molto importante in questo senso. Il fatto è che alcuni non vogliono il 5+2. Ma non è questo il punto, non è una questione di formule. Il fatto concreto è che l'Italia, un Paese strategico nella Ue, può dare il suo apporto sul dossier nucleare, coinvolgendo l'Europa per avere una regione libera da armi nucleari e di distruzione di massa». Nell'agenda del vertice tra Letta e Rohani, come sbocco di un eventuale successo delle trattative sul programma nucleare, c'erano anche i rapporti commerciali. L'Italia, allineandosi dopo qualche resistenza alla posizione europea e Usa, ha applicato le sanzioni, ma questo ci è costato parecchio. Sono state sospese le operazioni dell'Eni nel settore energetico, le vendite di macchinari, e sono rimasti arretrati consistenti che Teheran dovrebbe pagare. Su questo punto gli iraniani rispondono che l'embargo impedisce di saldare i conti, chiedendo a Roma di adoperarsi per ammorbidirlo, mentre sul primo sono aperti alla ripresa delle attività commerciali. Tutto resta legato al rilancio del negoziato nucleare, e alla serietà con cui Rohani darà seguito ai segnali di dialogo offerti in questi giorni.