
Avvenire - 23 gennaio 2014
di Luca Geronico
L'atmosfera "belle époque" dell'hotel di Montreux sul lungo lago Lemano non ha potuto che attutire la tensione di tre anni di guerra civile. Così il primo faccia a faccia fra i rappresentanti del governo di Damasco e l'opposizione è diventato subito un aspro confronto che non ha risparmiato scambi di accuse e scene di stizza. Attorno al tavolo, a richiamare alla responsabilità e a ribadire gli obiettivi di una pacificazione nazionale, ma con diversità di accenti, tutte le altre delegazioni. Un primo giro di tavolo, preceduto da un incontro tra Kerry, Lavrov e il segretario dell'ONU Ban Ki-moon, servito per misurare quanto resti distante il «nuovo inizio» per la Siria preconizzato nell'intervento di apertura dal segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon. Persino sul protocollo il ministro degli Esteri siriano Muallem trovava modo di scontrarsi con Ban Ki-moom che lo interrompeva invitandolo a rispettare i 7 minuti di tempo assegnati. «Lei vive a NewYork, io vivo in Siria. Ora ho il diritto di dare qui la versione siriana. È un mio diritto». Nervosismo, e accuse pesanti, con il segretario di Stato Usa Kerry, fra i primi a parlare, che ribadiva: «Assad non farà parte della transizione» politica già indicata negli obiettivi della prima conferenza di Ginevra del 30 giugno 2012. «Un uomo non può tenere un Paese e l'intera regione in ostaggio». E ribadiva: «Il regime ha usato armi chimiche». Poi, in serata faceva sapere che l'opzione militare contro Damasco «è sempre sul tavolo».
Immediata la replica del ministro degli Esteri Muallem: «Qui sono presenti Stati che hanno le mani sporche di sangue» con chiaro riferimento a chi vuole «esportare il terrorismo» finanziando con petrodollari le milizie jihadiste dall'estero: Muallem conta 83 nazionalità diverse fra i nemici. E poi, rivolto a Kerry. «Nessuno ha il diritto di conferire o ritirare la legittimità di un presidente o di una costituzione, eccetto i siriani stessi». Comunque, avvertiva, l'esito di Ginevra 2 sarà sottoposto a referendum. Parole bollate come «retorica incendiaria» dal segretario di stato Usa, mentre il leader della Coalizione nazionale siriana, Ahmad Jarba, replicava: «Trovate il coraggio e unitevi a noi, per una nuova Siria in pace e libertà ». «Assad non solo non deve rimanere ma non ci deve essere discussione su di lui», ha aggiunto. In Siria l'Esercito libero siriano combatte «il terrorismo portato dall'Iraq alla Siria con l'Isis», ma anche «mercenari internazionali, che sono l'altra faccia di Assad». La Russia, usando toni concilianti, invitava tutti a cogliere l'occasione storica e a coinvolgere anche l'Iran nelle conclusioni della conferenza. Poi una girandola di interventi, con l'italiana Emma Bonino e il francese Laurent Fabius a chiedere tregue immediate e corridoi umanitari. Tutti condividono la preoccupazione che la situazione in Siria «porti all'estremismo e al terrorismo», ma il ministro Bonino ha precisato che «la lotta al terrorismo non può giustificare le torture, le violenze». E a tarda sera pure la delegazione cinese faceva sapere che il ruolo di Assad «sarà affrontato nei negoziati». Inevitabili pure nuovi riferimenti al dossier finanziato dal Qatar che documentava la morte di 11mila prigionieri nelle carceri siriane. Un rapporto «falso e politicizzato», per i rappresentanti di Damasco, mentre la gli oppositori della Coalizione nazionale siriana domandano una inchiesta indipendente. Il tempo delle accuse, ma anche - come invitava una volta chiusa la sessione il segretario dell'Onu Ban Ki-moon - di cercare una soluzione: «Il nostro obiettivo era mandare un messaggio alle due delegazioni siriani e al popolo siriano: il mondo vuole con un'urgenza che venga posto fine al conflitto. Quando basta, basta, è giunta l'ora di negoziare». Oggi l'inviato speciale di Lega araba e Onu per la Siria, Lakhdar Brahimi, incontrerà «separatamente» la delegazione del governo siriano e quella dell'opposizione, in vista dell'avvio dei negoziati diretti domani a Ginevra. A tema, pare di capire, come giungere subito a delle tregue parziali e ad aprire i corridoi umanitari e come attuare le dichiarazione di Ginevra 1. Poi, nel prima incontro negoziale diretto i toni potrebbero abbassarsi e aprirsi una vera trattativa che dovrebbe durare, nelle previsioni, non meno di 7 giorni. «Ci sono state accuse ripetute e ritornelli contro di noi, ma vogliamo comunque andare avanti», dichiarava a sera Muallem. Uno spiraglio.