
D (la Repubblica) - 22 febbraio 2014
di Emma Bonino
La geografia non è un'opinione. II Mediterraneo è la nostra area geografica di riferimento, nella quale sono in movimento milioni dì persone che cercano nuove opportunità economiche e si lasciano alle spalle conflitti sanguinosi, povertà , repressione e instabilità politica. Tra di loro si nascondono anche trafficanti di ogni genere ed estremisti con un'agenda politica. Alle innumerevoli morti in mare e il traffico di persone che rappresentano una violazione drammatica dei diritti umani stabiliti nelle convenzioni internazionali si affiancano problemi di sicurezza e difesa che non possono essere ignorati. In un contesto complessivo come questo, al centro dell'agenda della Presidenza italiana dell'UE nei secondo semestre del 2014 vi saranno le tematiche migratorie. La creazione della Task Force sul Mediterraneo è stato un segnale importante, ma dovremo trovare a livello europeo una maggiore coesione nella gestione dei flussi. La sponda sud del mediterraneo è stata investita nel 2011 dal "Risveglio arabo", che ha messo in moto processi i cui esiti sono di là da venire. Caos interno, riforme economiche non più rinviabili e costruzione di ordinamenti informati ai principi dello Stato di diritto e al rispetto dei diritti umani sono le maggiori sfide che incombono sulla regione e impediscono l'afflusso di risorse per i bisogni sociali più urgenti. Siamo di fronte a scenari peculiari per ciascun Paese, dei quali dobbiamo tener conto. Legami storicaculturali e interessi economici ci legano alla Libia ma anche altrove (Tunisia, Marocco, Egitto, Libano) vi sono mercati ricchi di potenziali opportunità per gli investimenti diretti esteri delle nostre imprese e, seppur in misura minore, per le nostre esportazioni. La prossimità geografica è un fattore di vantaggio e uno dei motivi per i quali è di nostro particolare interesse contribuire alla stabilità politica e sociale della regione. Il Mediterraneo costituisce il settore nevralgico della proiezione geopolitica dell'Italia. Nelle aree di crisi, quali Libia, Libano e Siria, fare politica oggi significa assumersi le responsabilità che ne conseguono. E noi lo stiamo facendo, a livello bilaterale e multilaterale. Tanto in Libia, quanto in Libano e da ultimo in Siria, con la partecipazione alle operazioni per la distruzione dell'arsenale chimico.