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LA DONNA INVISIBILE ABITA ANCHE QUI
Vanity Fair - 28 febbraio 2007
"La Turchia ha eletto una signora ai vertici della Confindustria. Quando l'Italia manda all'estero una delegazione di imprenditori, sapete qual è la percentuale femminile?". Prima di organizzare un forum economico internazionale tutto "rosa", Emma Bonino ce ne ha dette quattro. Sul maschilismo, sul Vaticano e sul suo futuro al Quirinale.
di Isabella Mazzitelli
Certo, i diritti civili - in particolare delle donne, in special modo delle donne dei Paesi in via di sviluppo - restano in cima ai suoi pensieri, ma la radicale Emma Bonino è un'ex bocconiana, nonché ministra del commercio internazionale dell'ultimo governo Prodi, e deve aver ragionato che l'emancipazione sociale passa anche attraverso l'emancipazione economica delle donne.
Quindi, radicale fino all'osso, è andata a battere proprio lì dove il dente duole - nei Paesi del vicino Islam - per promuovere una di quelle azioni positive utili a gettare ponti invece che a scavare fossati. L'ha fatto molto pragmaticamente, proponendo alle donne di fare affari tra loro, organizzando a Milano, insieme all'Istituto nazionale per il commercio estero (Ice) e con l'aiuto di Comune, Provincia e Camera di commercio cittadini, un forum per imprenditrici dal 4 al 6 marzo: da una parte le italiane, dall'altra - velate o meno - 250 business-women di 18 Paesi del Sud del Mediterraneo, del Medio Oriente e del Golfo. Emma Bonino, quando parla ministeriale, usa parole come "fermento". Quando non parla ministeriale, e le chiedi della sua passione per il mondo arabo, dice con nostalgia che non ha più tempo per praticare la lingua che aveva imparato nel suo lungo soggiorno al Cairo, e che la casa che aveva lì, "tenuta con testardaggine fino a dicembre", l'ha lasciata.
Che vuol dire "fermento"?
"Frequento abbastanza i Paesi del mondo islamico e seguo la loro evoluzione democratica. A un certo punto ho avuto un'intuizione e l'ho voluta verificare: mi sembrava, e ora ne sono certa, che ci fosse per l'appunto un fermento di attività imprenditoriale femminile. Da ministro ho chiesto da subito di organizzare incontri con le imprenditrici locali, e sono sempre state riunioni affollate, effervescenti, dal Marocco ai Paesi del Golfo, all'Egitto, alla Giordania, alla Turchia, dove tra l'altro hanno appena eletto una donna ai vertici della loro Confindustria. E d'altra parte, andando in missione col governo in Cina e in India, mi sono resa conto che la presenza delle donne italiane è più che minoritaria in queste occasioni, neanche il 10 per cento: è ora di valorizzarle e renderle più visibili".
Lei è sempre contraria alle quote, a una percentuale garantita di donne in posti di potere?
"Contrarissima, e non cambio idea. Ma sono favorevole a promuovere l'iniziativa femminile, e questo Forum mi ha dato ragione: abbiamo oltre 250 partecipanti di 19 Stati. Per farle capire: per ragioni di bilancio non pago l'aereo a nessuno e offro l'ospitalità solo a 15 donne per ciascun paese - tranne le palestinesi, che sono del tutto a nostro carico. Bene, tutte le altre mettono mano al portafoglio, e non per fare una vacanza: ciascuna incontrerà riservatamente italiane che lavorano nel settore di suo interesse, dal turismo alla moda, dalla pelletteria alla gioielleria e ai servizi".
Si faranno affari.
"Si spera. Donna a donna, faccia a faccia, con l'interprete e tutto il resto, come fanno i maschietti".
Non pensa che le imprenditrici nei Paesi islamici, quelli che spesso di fatto calpestano i diritti delle donne, siano in realtà un comodo specchietto per le allodole?
"Le iniziative femminili sono comunque un segnale importante, il resto un pò arriva, un pò arriverà . La Turchia, per esempio, è un Paese che ci assomiglia molto, dove nei confronti delle donne non c'è nessuna discriminazione legislativa: le discriminazioni ci sono poi nei fatti, per tradizione, per costume, per organizzazione sociale. Ma c'erano anche in Italia...".
Faccio un pò fatica a seguirla.
"Guardi, è meglio che usciamo da certi stereotipi: noi illuminati e loro no. E' chiaro che sono all'inizio di un percorso anche lungo, ma sono convinta che vada valorizzato. Prenda Lubna al Qasimi: ha poco più di 40 anni ed è il ministro dell'Economia degli Emirati Arabi. Lei è al vertice, ma non è un'eccezione. Se scorre il rapporto della Banca mondiale sull'imprenditoria femminile, trova dati sorprendenti: tra le donne islamiche che lavorano c'è la stessa vivacità che avevo visto tra quelle all'opera sul fronte dei diritti civili, sempre caldo peraltro. La lotta alle mutilazioni sessuali che si pratica ancora in 19 Paesi; il delitto d'onore che in alcuni Paesi come la Giordania è ancora un dramma, nonostante l'impegno della regina Rania; il diritto di voto, che per esempio in Kuwait le donne hanno finalmente ottenuto. Peccato che nessuna sia eletta...".
Votano ma non possono guidare l'automobile...
"No, quello è un divieto dell'Arabia Saudita. Bisogna smettere di pensare che il mondo islamico sia un monolite. Ci sono tante pratiche religiose quanti sono i sistemi politici in vigore. L'ultimo rapporto sulla condizione delle donne nei 22 Paesi della Lega Araba, firmato dall'Undp (il programma di sviluppo delle Nazioni Unite), registra per esempio la disparità tra i Paesi del Maghreb - Algeria, Marocco, Tunisia, più avanzati - e quelli del Mashreq: Egitto, Giordania, Libano, Siria, Paesi del Golfo, Arabia Saudita ed Emirati".
Allora si può fare una classifica dei buoni e dei cattivi?
"No, diciamo dei più aperti e dei meno aperti. La Turchia non è l'Arabia Saudita, il Marocco ha leggi più aperte dell'Egitto o dei Paesi del Golfo in fatto di divorzio e tutela dei figli, la Tunisia - un Paese laico - è molto avanti, anche se resta una grossa discriminazione delle donne in materia di eredità . I pregiudizi sono sempre un errore, una deformazione: se uno guarda al mondo con pregiudizio non ti fa vedere il mondo. Prenda il caso della Siria: è un Paese laico, però è una dittatura. Magari lì non comandano gli imam, ma i servizi segreti".
Fra tante interpretazioni possibili di un Paese, però, giudicarlo anche in base ai diritti civili, delle donne in particolare, non è un'idea campata per aria.
"Certamente, ma anche in concreto sul costume e sull'organizzazione sociale. Prendiamo l'Italia: Roma non è Roccacannuccia di Sotto, che non esiste ma ci siamo capite, no? Negli anni '70 Milano non era come Bra: se volevi abortire lo potevi fare meglio, in una grande città nessuno si occupa di te, a Bra provincia di Cuneo - dove sono nata - tutti sapevano tutto. Al mio paese non era mica proibito alle femmine fare il liceo classico, eppure io nel 1966 ero l'unica ragazza in una classe di maschi".
E come se la cavava?
"Molto bene. Ero una secchiona, loro copiavano ed erano tutti contenti".
Tornando ai Paesi islamici...
"No, restiamo in Italia: noi siamo ancora considerati un Paese cattolico praticante, eppure direi che non lo siamo più. Piuttosto, siamo un Paese clericale per ingerenze vaticane e per debolezza della classe politica".
Come al solito non le manda a dire. Pensa sempre di essere adatta a fare il Presidente della Repubblica?
"Visto che per diventare presidenti in Italia bisogna avere 80 anni e ne ho quasi 60, ne ho ancora 20 davanti, per fare apprendistato. Comunque la risposta è sì".
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