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UOMINI E DONNE IN PENSIONE ALLA STESSA ETA', RIFORMA NON PIU' RINVIABILE

Il Messaggero - 14 novembre 2008 di Angela Padrone E così la Corte di Giustizia Euroea ha condannato l`Italia per l`età della pensione di vecchiaia alle donne. Non è ammissibile la differenza tra i 60 anni delle donne e i 65 degli uomini. Era prevedibile. Ma il fatto che sia accaduto cambia improvvisamente la prospettiva: un`azione del governo, prima solo auspicabile, ora non è più rinviabile. Questa sentenza è una "porta" che si apre su un intero settore del nostro welfare, completamente sottosopra rispetto agli altri Paesi europei. (Già si sa che in Italia la percentuale di spesa pubblica devoluta alle pensioni è sproporzionata rispetto alla parte destinata ad altri benefici: ammortizzatori sociali per chi cerca un lavoro o lo perde, assistenza alle famiglie nella forma di asili nido, congedi, orari flessibili, assistenza ai non autosufficienti, e così via). Ora l`Italia viene condannata perché man dan do le donne in pensione prima degli uomini, commette parecchie ingiustizie. In primo luogo, le donne che vanno in pensione presto di solito hanno assegni molto bassi, perché hanno accumulato pochi anni di contributi. Questo le espone ad un rischio elevato di povertà, (soprattutto tenendo conto che le prospettive di vita delle "pensionande" sono molto lunghe, circa 25 anni). In secondo luogo, mandare le donne in pensione presto e pagare loro una pensione tanto a lungo (proprio in considerazione dell`alta aspettativa di vita) pesa fortemente sul bilancio pubblico, già aggravato. In terzo luogo, le donne di solito si ritrovano in pensione proprio nel periodo della vita in cui ne hanno meno bisogno, quando i figli sono ormai grandi. Viceversa, non hanno ricevuto aiuti, servizi e sostegni, per tutto il corso della loro vita lavorativa. Scrive la Corte Europea: «La fissazione, ai fini del pensionamento, di una condizione d`età diversa a seconda dei sesso non compensa gli svantaggi ai quali sono esposte le carriere dei dipendenti pubblici donne e non le aiuta nella loro v ita professionale né pone rimedio ai problemi che esse possono incontrare durante la loro carriera professionale». L`Italia aveva eccepito che la pensione anticipata rappresenta un modo per ridurre le discriminazioni nei confronti delle donne. Ma in realtà avviene proprio il contrario. La pensione anticipata è un tentativo di compensazione tardiva per una precedente discriminazione. Così però le donne vengono penalizzate due volte: nell`età lavorativa, quando non vengono messi in atto tutti quegli accorgimenti, sussidi e servizi, che servono ad assicurare la possibilità di una piena vita lavorativa, compatibile con le esigenze personali e familiari. E poi quando vanno in pensione, perché prendono assegni bassi. Tuttavia anche in Italia esiste un vasto movimento di opinione bipartisan che si batte da tempo per equiparare l`età pensionabile di uomini e donne, garantendo però alle donne, coni soldi risparmiati, tutti quei servizi e sostegni quali asili nido. assistenza agli anziani, congedi di paternità obbligatori, agevolazioni fiscali per le donne che lavorano. ammortizzatori sociali e benefici anche per i lavoratori "discontinui", o precari che dir si voglia, che spesso sono donne. Questa proposta, avanzata da Emma Bonino e dai radicali, ha ricevuto nel tempo l`adesione di molte personalità in entrambi gli schieramenti politici. Ora il ministro Maurizio Sacconi dovrà prendere il coraggio a due mani e affrontare questo nodo. Non è facile: riparlare di pensioni in Italia significa riaprire un vaso di Pandora. Ma qui non è tanto di pensioni che si parla, bensì di lavoro delle donne. Qui la questione è riequilibrare un sistema nel quale le donne siano finalmente meno svantaggiate nel lavoro e nella gestione della vita familiare, e poi, solo come conseguenza, accedano alla pensione in perfetta parità con gli uomini. Il ministro Sacconi. che conosce meglio di altri il tema degli ammortizzatori sociali e della flexicurity europea, sa che questi interventi in Italia aiuterebbero tutto il mercato del lavoro a funzionare meglio. Dovrà però affrontare una certa dose di impopolarità perché spesso non viene ben spiegato e molti fanno finta di non capire qual è la posta in gioco: non solo un`astratta "parità", ma l`utilizzo pieno e corretto della risorsa "donne" in Italia. Un fattore del qualela nostra economia non può permettersi di fare a meno. Speriamo che il ministro prenda al volo la "cima" lanciata dalla Corte Europea.





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